Chi
sono i nativi digitali? Una specie extraterrestre? Una tribù
informatica sconosciuta? Niente di tutto questo. L'espressione
“Nativi digitali” è stata coniata nel 2000
da Prensky per distinguerli dai “migranti digitali”. I primi in sostanza
sono
tutti bambini nati dopo la diffusione di Internet, cioè dopo
l'esordio dei primi browser commerciali intorno al dicembre 1995,
gennaio 1996.
I
nativi digitali a differenza dei “migranti”, sono cresciuti in una
società multi-schermo e sono abituati all'uso di strumenti
interattivi: cellulare e computer sono per loro uno spazio per
comunicare e creare.
Proprio per l'esistenza di una generazione
avente un'intelligenza digitale, il mondo culturale ed editoriale si
sta interrogando su come interagire con un'utenza diversa da quella
del passato, con esigenze e problematiche nuove.
Il 17 ottobre si è
tenuto a Rozzano presso il Centro Culturale Cascina Grande la quarta
edizione di Digital Readears. Il convegno è il risultato di un
progetto della biblioteca dei ragazzi di Rozzano, che si è posta in
maniera critica rispetto al suo ruolo di operatore culturale, di
fronte l'avvento del web 2.0 che dal 2000 ad oggi ha avuto, ed ha,
importanti riflessi sull'apprendimento, sullo sviluppo intellettuale
e comportamentale dei giovani e sul loro approccio al mondo
editoriale.
Quest'anno il progetto Digital Readers si è arricchito di un'esperienza di lavoro condiviso. E' stato fatto un invito a editori, autori, illustratori, librari, insegnanti, bibliotecari, a partecipare ad un camp per discutere sull'editoria per ragazzi e sulla concezione di un prodotto digitale editoriale.
Avviato il camp nel pomeriggio si è svolto il convegno che ha dato lo spunto per riflettere sotto diversi punti di vista la medesima problematica.
Il digitale come strumento di apprendimento
Fino a ieri un problema di apprendimento qualificava l'alunno come diverso e difficile, oggi come ha correttamente sostenuto Andrea Mangiatordi, del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università Bicocca di Milano, deve cambiare la prospettiva della questione, poiché non è il singolo individuo con le sue peculiarità ad avere un problema d'inclusione nel gruppo, ma è il sistema che non adotta le soluzioni adeguate esistenti perché ciascuno con le proprie diversità possa inglobarsi nell'ambiente. Oggi infatti è dimostrabile come l'utilizzo del digitale, tramite le sue infinite applicazioni, possa aiutare gli studenti con difficoltà di apprendimento e non, a cercare più soluzioni, sperimentando strade diverse e alternative da affiancare agli strumenti tradizionali di lettura e studio.
Quest'anno il progetto Digital Readers si è arricchito di un'esperienza di lavoro condiviso. E' stato fatto un invito a editori, autori, illustratori, librari, insegnanti, bibliotecari, a partecipare ad un camp per discutere sull'editoria per ragazzi e sulla concezione di un prodotto digitale editoriale.
Avviato il camp nel pomeriggio si è svolto il convegno che ha dato lo spunto per riflettere sotto diversi punti di vista la medesima problematica.
Il digitale come strumento di apprendimento
Fino a ieri un problema di apprendimento qualificava l'alunno come diverso e difficile, oggi come ha correttamente sostenuto Andrea Mangiatordi, del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università Bicocca di Milano, deve cambiare la prospettiva della questione, poiché non è il singolo individuo con le sue peculiarità ad avere un problema d'inclusione nel gruppo, ma è il sistema che non adotta le soluzioni adeguate esistenti perché ciascuno con le proprie diversità possa inglobarsi nell'ambiente. Oggi infatti è dimostrabile come l'utilizzo del digitale, tramite le sue infinite applicazioni, possa aiutare gli studenti con difficoltà di apprendimento e non, a cercare più soluzioni, sperimentando strade diverse e alternative da affiancare agli strumenti tradizionali di lettura e studio.
Il
disagio viceversa che oggi vive l'editoria per ragazzi, consiste
nella difficoltà a sostituire ed integrare un libro cartaceo con uno
digitale. Un libro per bambini, a differenza di quello per gli
adulti, non è solo un testo scritto. Esso si compone di colori,
illustrazioni, di pop-up, di immagini tridimensionali, di gioco che
interagisce coerentemente con la storia narrata. Come si può
ricreare tutto questo con un prodotto digitale? Come si può
pervenire ad un prodotto che superi l'approvazione del mercato e non
svilisca il suo contenuto?
Renata
Gorgani, direttrice editoriale de Il Castoro, ha fatto una disamina
dell'argomento spiegando proprio la difficoltà di approccio delle
case editrici rispetto ad un fenomeno che si è sviluppato
rapidamente. L'avvento dell'e-book, dell'i-pad, l'intensa fruibilità
degli strumenti multimediali da parte dei bambini e dei ragazzi, ha
costretto ad un ripensamento del prodotto editoriale. Alla
riproposizione dello stesso tuttavia si giunge in via empirica,
facendo dei tentativi, che non sempre hanno esito positivo. Potrebbe
accadere che voler forzatamente unire un libro a delle applicazioni
digitali “istupidisca” il contenuto del libro stesso. Alcuni
autori hanno infatti rinunciato a questa integrazione. Un esempio
eclatante è quello di Jeff Kinney, progettista di giochi on line e
autore del famoso libro per bambini “Diario di una schiappa”. Lo
scrittore ha deciso che il suo libro mantenesse una connotazione
tradizionale stabilendo che al massimo possa essere convertito in
formato PDF, impedendo qualunque tipo di interazione col testo.
Kinney ha completamente dissociato il suo ruolo di professionista
informatico da quello di autore di libri, non vedendo tra i due
mondi, evidentemente, una coerente condivisione.
Il
mondo culturale ed editoriale sta attraversando una fase di
evoluzione e di ricerca che richiede investimento di idee e
progettualità attraverso la condivisione dei saperi e delle
esperienze. Non bisognerebbe mai dimenticare che quello che
occorre tutelare è il contenuto. Il contenitore cambia di epoca in
epoca: molto tempo fa era la parola, poi la carta, oggi il digitale e
domani chissà.
Un proverbio cinese afferma:
Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito.
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