mercoledì 23 ottobre 2013

Un libro digitale per una tribù digitale?



Chi sono i nativi digitali? Una specie extraterrestre? Una tribù informatica sconosciuta? Niente di tutto questo. L'espressione “Nativi digitali” è stata coniata nel 2000 da Prensky per distinguerli dai “migranti digitali”. I primi in sostanza sono tutti bambini nati dopo la diffusione di Internet, cioè dopo l'esordio dei primi browser commerciali intorno al dicembre 1995, gennaio 1996.

I nativi digitali a differenza dei “migranti”, sono cresciuti in una società multi-schermo e sono abituati all'uso di strumenti interattivi: cellulare e computer sono per loro uno spazio per comunicare e creare.   

Proprio per l'esistenza di una generazione avente un'intelligenza digitale, il mondo culturale ed editoriale si sta interrogando su come interagire con un'utenza diversa da quella del passato, con esigenze e problematiche nuove.


Il 17 ottobre si è tenuto a Rozzano presso il Centro Culturale Cascina Grande la quarta edizione di Digital ReadearsIl convegno è il risultato di un progetto della biblioteca dei ragazzi di Rozzano, che si è posta in maniera critica rispetto al suo ruolo di operatore culturale, di fronte l'avvento del web 2.0 che dal 2000 ad oggi ha avuto, ed ha, importanti riflessi sull'apprendimento, sullo sviluppo intellettuale e comportamentale dei giovani e sul loro approccio al mondo editoriale.

Quest'anno il progetto Digital Readers si è arricchito di un'esperienza di lavoro condiviso. E' stato fatto un invito a editori, autori, illustratori, librari, insegnanti, bibliotecari, a partecipare ad un camp per discutere sull'editoria per ragazzi e sulla concezione di un prodotto digitale editoriale.
Avviato il camp nel pomeriggio si è svolto il convegno che ha dato lo spunto per riflettere sotto diversi punti di vista la medesima problematica.

Il digitale come strumento di apprendimento

Fino a ieri un problema di apprendimento qualificava l'alunno come diverso e difficile, oggi come ha correttamente sostenuto Andrea Mangiatordi, del Dipartimento di Scienze Umane dell'Università Bicocca di Milano, deve cambiare la prospettiva della questione, poiché non è il singolo individuo con le sue peculiarità ad avere un problema d'inclusione nel gruppo, ma è il sistema che non adotta le soluzioni adeguate esistenti perché ciascuno con le proprie diversità possa inglobarsi nell'ambiente. Oggi infatti è dimostrabile come l'utilizzo del digitale, tramite le sue infinite applicazioni, possa aiutare gli studenti con difficoltà di apprendimento e non, a cercare più soluzioni, sperimentando strade diverse e alternative da affiancare agli strumenti tradizionali di lettura e studio. 
Un esperimento interessante portato all'attenzione del convegno è YouLab Pistoia, illustrato da Tatiana Wakefield. YouLab è il frutto di una collaborazione tra l'ambasciata americana e la biblioteca pistoiese per la realizzazione di un Innovation Center, attraverso cui vengono messi a disposizione dei ragazzi delle strumentazioni informatiche avanzate per consentire non solo la semplice fruibilità fine a se stessa della tecnologia, ma la creazione di nuovi prodotti digitali da destinare al mercato. I ragazzi sono stimolati alla promozione della lettura attraverso la creazione di book trailer, di e-book e di giochi di lettura on line. Tatiana Wakefield ha spiegato che al centro di questo progetto resta il benessere e la crescita intellettuale dei giovani utenti. Ha citato a questo proposito la teoria di Flow elaborata dallo psicologo ungherese Mihaly Csikszentmihalyi, secondo cui si perviene ad uno stato di benessere psicologico, ovvero di felicità, quando la mente è occupata in un atto creativo che comporta appagamento e soddisfazione. E da quanto affermato dalla bibliotecaria pistoiese gli stadi di benessere psicologico osservati nei ragazzi alle prese con i progetti del YouLab sono senza dubbio osservabili.


Il Digitale nel mondo editoriale.

Il disagio viceversa che oggi vive l'editoria per ragazzi, consiste nella difficoltà a sostituire ed integrare un libro cartaceo con uno digitale. Un libro per bambini, a differenza di quello per gli adulti, non è solo un testo scritto. Esso si compone di colori, illustrazioni, di pop-up, di immagini tridimensionali, di gioco che interagisce coerentemente con la storia narrata. Come si può ricreare tutto questo con un prodotto digitale? Come si può pervenire ad un prodotto che superi l'approvazione del mercato e non svilisca il suo contenuto?


Renata Gorgani, direttrice editoriale de Il Castoro, ha fatto una disamina dell'argomento spiegando proprio la difficoltà di approccio delle case editrici rispetto ad un fenomeno che si è sviluppato rapidamente. L'avvento dell'e-book, dell'i-pad, l'intensa fruibilità degli strumenti multimediali da parte dei bambini e dei ragazzi, ha costretto ad un ripensamento del prodotto editoriale. Alla riproposizione dello stesso tuttavia si giunge in via empirica, facendo dei tentativi, che non sempre hanno esito positivo. Potrebbe accadere che voler forzatamente unire un libro a delle applicazioni digitali “istupidisca” il contenuto del libro stesso. Alcuni autori hanno infatti rinunciato a questa integrazione. Un esempio eclatante è quello di Jeff Kinney, progettista di giochi on line e autore del famoso libro per bambini “Diario di una schiappa”. Lo scrittore ha deciso che il suo libro mantenesse una connotazione tradizionale stabilendo che al massimo possa essere convertito in formato PDF, impedendo qualunque tipo di interazione col testo. Kinney ha completamente dissociato il suo ruolo di professionista informatico da quello di autore di libri, non vedendo tra i due mondi, evidentemente, una coerente condivisione.


Il mondo culturale ed editoriale sta attraversando una fase di evoluzione e di ricerca che richiede investimento di idee e progettualità attraverso la condivisione dei saperi e delle esperienze. Non bisognerebbe mai dimenticare che quello che occorre tutelare è il contenuto. Il contenitore cambia di epoca in epoca: molto tempo fa era la parola, poi la carta, oggi il digitale e domani chissà.



Un proverbio cinese afferma:

Quando il dito indica la luna lo stolto guarda il dito.







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